Letterariamente, almeno, il Dossi non si falsificherà(106) mai".
Già dal 1883 egli aveva ipotecato, logicamente, il suo avvenire, predette le sue tappe, tutte quante sorpassate nel suo vivere: l'ascetica doveva arrestarsi all'Inno al Dio venturo in cui tutte le libertà, tutte le bellezze, tutti i benesseri conquistati avrebbero proclamato la felicità dell'uomo, al cospetto del cielo sereno e rappacificato, sulla paura della divinità, sopra il terrore e l'invidia de' propri fratelli. - Ma pure, cristalline rimasero sempre la prosa e l'anima di Carlo Dossi, a rinfrangere le meraviglie de' suoi sogni, il disgusto della sua onestà, la fiducia costante nella perfezione e nell'umano volere. Per conto suo, in arte, fu e rimase aristocraticissimo: come Frine egli non ambisce che all'omaggio de' sovrani... dell'intelligenza.
Non venne per ciò e d'un subito compreso; anche oggi lo comprendono poco. Allora minimamente, quando la pudibonda gesuiteria era venuta all'arme, quando il Carducci denunciava i cuoricini stillanti lagrime e sangue, esulcerati dal nulla de-amicisiano, le marionette di carta pesta e di filo di ferro del Giacosa, ed incominciava a genuflettersi il Fogazzaro, e deliberava, tra il boja e l'esorcista, quell'altro Imbriani dei Dio ne scampi dagli Orsenigo, e s'inteneriva liricamente La Contessa Lara, promessa al coltello assassino del suo ganzo, povera vittima di letteratura e d'amore, e s'incarnava, a doppio aculeo, la Nuova Polemica, suscitando reazioni.
Ultima questa era venuta a definire ed a stravincere: ribatteva nel Prologo le lamentose ed aggressive fandonie del feminismo arrabbiato, corso a mordere alle calcagne Stecchetti e compagnia: si faceva a gridare "contro le(107) svenevolezze degli amori poetici passati, che tendevano a fare dell'arte un mare di latte e miele". Donde la donna viva e vera era esclusa, dove si ammetteva una sua copia manierata, aerea fumigosa, dispersiva, ideale che veniva a lagrimare, come un salice piangente, magra lirica, in ogni romanzo.
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