Egli confida nella Natura; col suo esempio e patrocinio, risponde allo sconforto; benedice anche il vizio, perchè necessario ed in tal modo che nessuna forma di governo, nemmeno la imaginaria repubblica aurea di Platone, ha saputo estirparlo. Egli, forse, sognava ancora, se vien desto: "La(148) mia soave fanciulla, sedutami a fianco, dicea: Che fai tu all'oscuro? - E con un bacio; mi rischiarò".
E però, dal delitto, fa sorgere novella Roma.
La clemenza di un principe dotto ed umanista, nutrito di Enciclopedia, innamorato delle teorie di Tomaso Moro e del Contratto di Gian Giacomo, concede a una torma di delinquenti, rei di delitto capitale, vita e libertà; la deporta in un'isola sperduta dell'Oceano. Colà, tiepidezza di clima, suolo pingue, fortunatissima stagione, costante salubrità d'arìa, protezione di foreste e di fauna pacifica, favore di Natura li conservano: munificenza reale li dota d'armi a difesa e ad offesa di quella vita, cui la legge della madre patria rifiutò di privarli, abbandonandoli, alla loro coscienza ed al loro arbitrio, per ridiventare, in caccia di loro stessi e de' loro istinti, nella troglodita anarchia, vindici e protettori del proprio egoismo limitato ed aggredito dall'egoismo altrui.
Liberi, le armi in pugno, delinquenti, senza legge, monade prima della società civile, quaranta tra uomini e donne stanno dissoluti e diserti dalla comune patria sopra la spiaggia, in faccia al mare, dopo la lettura della sentenza che ve li inchioda e che li abbandona alla implacabile coscienza: passano, in cospetto del suolo ignoto, rassegna omerica.
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