- Manzoni dice le cose sue come il lettore vuole; Rovani come non vuole il lettore; Dossi parla per proprio conto. - Manzoni dissimula il non credere; Rovani simula di credere; Dossi, credendo, non crede. Manzoni cambia le carte in mano al lettore; Rovani gliele strappa; Dossi confonde il giuoco. - Manzoni vuole che il bene si faccia per paura di un male; Rovani per necessità; Dossi per utilità. Donde Manzoni par credere all'altra vita; Rovani non crede nè in questa nè in quella; Dossi pur crede in codesta. - Il noi di Manzoni vale io e il lettore; il noi di Rovani io e non io (che vi stanno per due) - l'io del Dossi vale l'io solo. In altre parole: il primo si industria ad insinuare in altrui la propria opinione; il secondo la impone; il terzo la tiene per sè. - La naïveté, l'ingenuità della letteratura antichissima c'ispira quella riverenza che c'ispirano i bimbi; la pauvreté della nuova quel disprezzo che si ha per un uomo che faccia bambinerie. E pure Manzoni ritenne l'apparenza della ingenuità, mentre Rovani se ne spogliò: quindi Manzoni riuscì un malizioso doppio, non volendo parere un semplice. - Manzoni è la vendemmia della nuova letteratura fatta coll'uva di Alfieri, di Parini, di Foscolo; Rovani il torchiatico; Dossi la grappa". - "Lambicchiamone(159), dunque in buon'ora; ci servirà di sole invernata e, riscaldate da essa, le generazioni prepareranno, con impulso gagliardo, il terreno ed i tralci per le vendemmie future". Distilleria della quintessenza! "Delle letterarie stagioni dell'ultimo secolo, Manzoni è la primavera, Rovani l'estate, Dossi l'autunno"; per ciò, "Rovani(160) è il continuatore logico di Manzoni come Dossi è di Rovani.
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