Per ciò, a lui ricongiunto, col cordone ombelicale della artistica figliazione, il fare italiano permane anche in quanto si vuol chiamare impropriamente simbolismo (di cui fu uno de' più completi assertori, prima che l'etichetta scolastica venisse stampata; perchè prima la cosa quindi il nome, non viceversa): e chi volle far credere l'opposto, abusò della ignoranza altrui adulandola, pompeggiando della propria, che non aveva saputo suggerirgli il nome dell'autore di Colonia Felice. Ma non più: costoro devono riconoscere in noi, quei sintomi di cui egli è pur affetto, in nulla affatto forestieri; vizii o doti distintissimi di fragrante italianità.
Carlo Dossi, più vivo che mai, dopo l'aulica presentazione di sè stesso, nel salone dell'avi, si fa a noi famigliare; vi prende per mano, vi fa entrare nell'appartamento intimo delle sue circonvoluzioni cerebrali, vi si dettaglia, nel compromesso sommamente simbolico, in cui vanno a fondersi per un tutto omogeneo, le più disparate dottrine. Vi farà assistere alla trasmutazione de' generi e delle scuole e voi perderete la nozione di quanto si chiamò classicismo e romanticismo, idealismo e naturalismo. Tentò la bellissima esperienza di avvicinarsi alla perfezione, cioè di dire tutto quanto sentì in modo che, nella fatica di renderlo, nulla andasse perduto per consumo, attrito, stanchezza; volle sorpassare la natura nell'eccedere, proponendosi, dalli oppositi, una nuova espressione, oltre le già conosciute, tracciandosene una norma quando sull'arte del Cremona considera: "Pure(161) sono alcuni, i quali, dimenticando che l'Arte non si impana dall'Arte ma dalla Natura, vorrebbero che ogni artista facesse di salvatesta, sognasse ad occhi aperti; e vanno dicendo che il più veritiero poeta è coilui che più finge, che altro è pittura e scoltura, altro fotografia.
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