È una fuga d'imponenti saloni, sulle cui vôlte si stende l'ampia pittura del Tiepolo e dalle cui immense pareti pendono arazzi, tessuti a disegni di Raffaello immichelangiolito... Qui, non la boria fracassona del ricco, ma la silente maestà del Signore. Particolari ed insieme vi hanno pari valore e i più modesti mobili respirano solennità; qui, insomma, ammiri, non fai la stima. E tutto, vedi, è massiccio. Niente indorature, niente impiallacciatura. Mogano e rovere fin all'ultima fibra, oro sino all'ultima scaglia. I sedili comodi tanto per invitarci al riposo, non al dormire; i camini vasti abbastanza perchè il calore si diffonda egualmente in quanti mai vi si assidono. E nella splendida calma di queste sale reali, i pensieri vanno pigliando un far grave e svolgonsi grandiosamente; più non rammenti le piccolezze del vivere quotidiano se non per deriderle, nè la famiglia ti appare fuor dallo sfondo della umanità. Sono sale per un congresso di legislatori e di principi. In ogni dove, l'invisibil presenza del nume. - È la reggia di Giuseppe Rovani".
E ripeterà il suo giuoco malizioso anche per Edmondo De Amicis: "È il quartierino(164) di un impiegato a duemila. Gli amici di chi vi dimora lo dicono un primo piano, ma, in verità, è un puro ammezzato sopra terreno. Stanze poche, mobiglia poca; tutto è veduto in una sola occhiata nè si domanda che cosa c'è negli armadi perchè si sa già. Domina il pino. I mobili, a uno a uno, non tengon valore, infimi come sono per la materia e la forma, pur, tutti insieme, ne acquistano perchè fanno la casa.
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