Così, quante volte ho voluto avvicinare le mie opinioni sopra la lingua, lo stile, la funzione del libro e l'obbligo de' lettori verso di noi, riproponendole alle premessa dossiane; altrettante ho dovuto convincermi delle ragioni che ci ricollegano, riconoscendo in lui un precursore di identiche dottrine e di più sicura e provata esperienza. Per questo, illettore venga a noi e si eserciti a nostro paragone emulandoci, creandoci, dalla indicazione, l'imagine completa, ricreandosi a foggiare, non inerte o distratto, ma collaboratore.
Il suo pubblico, "il(167) pubblico di un letterato, non è già quello dell'uomo politico e del canterino (celebrità spesso e l'uno e l'altro di gola) pei quali è indispensabile e folla e contemporaneità di fautori; non ne occorrono a lui nè migliaia, nè centinaja, e neppure ventine ad un tratto; glie ne bastano pochi, uno anche, purchè siano degni, a lor volta di lode, e perchè si succedano - sentinelle d'onore - fino al più lontano avvenire. - Stieno però tranquilli i pubblicisti che fanno missione, direbbesi, di alimentare il cretinismo italiano; nè io, nè altri miei colleghi saremmo mai rei di abigeato di qualche loro lettore". Per questo, il libro deve vivere nelle sue mani, al suo contatto, vibrare, come un rocchetto elettrico e dar scintille, comunicando, nel circuito funzionale di una corrente, imagini, idee, passioni,
Veramente, a stile d'eccezione, comportano lettori armati a tutta prova ed intelligentissimi: Carlo Dossi se ne era fabricato uno a suo modo, avendo trattato la lingua di tutti come un volgare, su cui operar de condendo non accettar còndito.
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Carlo Dossi
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