Carlo Dossi ci ha arricchiti di un'opera singolare, intensa e completa come un Albero della Scienza del Bene e del Male. Volle in fatti che si frescasse, sulla parete e la volta del suo studio, al Dosso, il serpente incollarato di perle e di fisciù a stringerlo, ascendendo, nel tronco. Anche s'indora, in sul frontone del palazzo, la divisa che lo afferma: "Pax candida fortis"; antica leggenda che arreca una colomba araldica, sullo smalto azzurro della pezza, sin dal lontano tredicesimo secolo. - Egli ha vinto; quindi sta in pace. Rivide sè stesso in trasmutazione estetica e il suo tempo; ripassò il mondo come una successione di fenomeni, di anime; rifuse la critica e l'avviò per altra via, concretò le sue idee, le rivestì di panni tagliati su misura esatta. Voltosi per altro campo non venne abbandonato dalle sue distintive qualità; diplomatico seppe le sale auliche, ma non si dimenticò delle foreste vergini e della sacra verginità delli artisti.
A lui, Francesco Crispi della Sinistra storica, chiese l'eloquenza letteraria, come la Destra la imprestò da Correnti. Col Perelli e Primo Levi da La Riforma era venuto allo statista siciliano in non dissimili intenzioni di quelle che trassero Giosuè Carducci all'ode per nozze della figlia di lui. Si era posto al fianco del ministro tra l'anarchia critica e l'ammirazione per la italiana energia di quell'arditissimo tra li uomini di politica attiva. Allora la giovane Italia bollente d'entusiasmo era uscita di sotto la ferula e la melensaggine del Depretis.
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