... e apporta la nepenteper il delirio dell'ammalato,
trema in le mani,
comprime il cor che palpita;
e porge la bevanda medicata,
come recando un calice a festadi soavi tristezze,
invito suadente, tumida di carezze,
coll'angoscia nell'anima,
parole di speranza sopra le labra a sbocciare".
Vecchie canzoni; perpetue rispondenze, ritornano ad intonarsi in sul motivo.
La mensa, al Dosso, riconferma l'ospitalitą al visitatore; il castaneto, che invade la collina, penetra dalle semilunari pareti di cristallo e frascheggia sulla volta tra il motto che invita a cristiana sanitą. Ingannate, dalle foglie vive alle brezze ed al sole, ma fisse all'intonaco del fresco dell'Agazzi, ronzano api e tentano farfalle: sorridono all'evidenza della finzione i commensali; si sturano dalla memoria aneddoti al fomento del vino che s'arrubina mei bicchiere. - Ma il vespero invita ad uscire: alla Vedetta, che opposta impende colla balaustra barocca a Como, s'affacciano, col panorama, a me lontanissime e recenti memorie.
Massiccia, quadrata, la cittą romana si imprime in un rilievo di planimetria sotto la guardia delle torri, s'incurva ad ansa sulla spiaggia: il lago la riflette. Il Broletto l'attesta comune e repubblica, s'accampano le case disegnando le vie diritte, allineate sul'asse delle porte, in rassegna legionaria e consolare; la Catedrale proclama lavoro ed arte comacina e schietta; le fabriche dei sobborghi la invelettano, anacronismo, di fumi lunghi e cinerei, come una miss romantica; e vi appunta rose il tramonto; le vetriate fiammeggiano in una cipria d'oro.
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