Orgoglio e mestizie galloppano, colle nubi figuratrici, in cielo; insieme mi scendono in cuore e mi eccitano a ricordare le avventure secolari della mia casa, glorie e dolori e sconfitte de' miei maggiori. Rutilan armi, corsaletti bruniti, partigiane; portano le rotelle ed i palvesi tre lucci voraci e ghibellini, embricati d'argento sulla porpora: passano cavalcate splendide e ambascerie per isponsali viscontei, processioni di lutto e di pompa ai mortorii ducali; evocansi magistero di magistrature comunali, assunte porpore cardinalizie, pedanteschi roboni e concioni secentesche; dottori d'academia, di toga e di stola; prelature e vaneggianti isterismi ascetici di monache e di priori; libertini impiumati, instivalati, la lunga toledana a battere ne' polpacci turgidi di spadaccino e di cacciatore, patteggiatori per il Medeghino amici e rivali dell'Innominato e nell'Oldrado; strascici di matrone: quindi, altre avventure napoleoniche, cariche garibaldine a raggiare di sangue sull'ultimo sangue del cielo, versato dal sole morente. Postremo ed ammalato, su vita incerta e breve a chiudere la razza, riguardo, a' miei piedi, le squadre delle vie comasche intersecarsi, ricoprendosi della cenere violetta della sera: le imagini smuntano all'allucinazione e sotto la penna che cerca fermarle vive in altrui, come già mi smagliavano palpitando in mente e dentro al cuore per famigliare pietà.
Ora, di me che importa? Qui non sono che araldo. Pe' giovani amici e coetanei - alle vecchie pratiche non mi rivolgo - ho voluto spronare questa bizzarra chinea avariata della estemporaneità, spingendola, al corso, meno tarda e viziosa, per giungere primo a riconoscere Carlo Dossi tra noi.
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Medeghino Innominato Oldrado Carlo Dossi
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