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      Ora, prima di tanta praticità, prima di tante forze disputanti e certe alla meta, di tali argomenti e di tali azioni decisive quali Robespierre e Danton impersonarono, tutto il movimento umano, e l'arte quindi, aspettando il prodigio della redenzione, fu simbolista. Questo è il secondo periodo. - Ora attendiamo all'ultimo: che quanto intravediamo esiste nella nostra coscienza e pure ci è lontano ai sensi, e questo che ci affatica è il terzo periodo solo alli inizii.
      V.
      Ma attualmente può dirsi adunque italiana, nazionale questa ultima modalità artistica? S'ella riguarda all'uomo in sé e non ne' suoi rapporti, è universale: se all'ambiente, regionale: se al tipo distinto, personale. Né per questo il genio speciale della razza che in essa si fonde e si esplica perderà de' suoi attributi speciali, come l'individuo stesso, posto in quelle circostanze generali a tutti, si dimostrerà in quelli atti speciali, per raggiungere un identico fine, quali le peculiarità del suo carattere gli obbligano e suggeriscono. Li eletti ingegni francesi, che Moore primo, seguendo la corrente suscitata dai poemi finnici e celti che il dottor Macpherson aveva posto in luce, poi Swinburne, poi Gabriele Dante Rossetti, ora Morris e Tolstoi e Ibsen e Wagner incitano, sentono l'uomo universale e la città di Parigi. Ed inchinandomi al colosso di Zola, fermo nella sua realtà e pure veggente all'a venire ed impeccabile anche ne' suoi errori, noto Baudelaire, il magico precursore, Verlaine, il principe, Moréas, Huysmans, Caze, Dumur, Dujardin, Madame Rachilde, Paul Adam, Mallarmé, Poitevin e Tailhade, i quali, pure ritraendo le passioni universali come enti in sé e quasi spoglie di attributi, le fermano nelle loro magistrali opere in modo tutto affatto personale, suscitate in personalità opposte e diverse, abbracciando il nervosismo, genio della vita moderna che assurge all'opera magistrale dalle turbolenze irresponsabili del delitto: e, francesi, ritraggono la società parigina di questo ultimo anelito di secolo.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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