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      E nei ricordi familiari e nei motivi intimi, qualche lumeggiata figura di donna stanca a trascorrere, verso alla quale il desiderio del poeta anela con un bianco desiderio di ebrezze ideali.
      Il Giorgieri dice di se stesso e del suo libro quanto meglio non si potrebbe:
      «Questo libro mi riporta nel cuore molte mie ingenue fantasie di un tempo di giovinezza lontano, molte fantasie melanconiche di un tempo di giovinezza vicino. Tutte io le ho sentite domandarmi grazia dell'oblio che segue inevitabile la comparsa fugace nei fogli su cui nessun lettore si ferma, su cui pochi compagni di sogno gettano per caso gli occhi. E la loro preghiera era cosí tenue e pur cosí insistente, e il mio cuore si ritrovava tanto in loro, che non ho saputo condannarle alla morte, povere cose vecchie che hanno per me il pregio di una sincerità e di una verità assolute. Mi pare cosí di parlare alle anime disperse pel mondo, che hanno sentite anch'esse gravar l'autunno precoce sulla fragile fioritura di che s'eran vestite, a qualche anima forse che mi sentí, che mi chiese, che è dileguata nell'infinito della lontananza e del tempo».
      Ed ha trovato la serenità nell'intime sofferenze e vi porge dei pensieri che profumano come viole; onde l'intendimento feminile si accosterà volentieri a queste esplicazioni che sente vibrare dentro di sé a ricercargli le fibre piú astruse; e l'autore godrà di aver incensato ancora una volta alle tristi e soavi creature del suo pensiero, di cui riveste tratti a tratti la realtà che lo circonda: e vi si dedica:


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





Giorgieri