«Almeno, invece del cuore, anche questo libro vi penetri. Ci son dentro molte cose per loro, cose tristi e leggiadre, motteggiatrici o serene. Ma c'è anche per loro una tenerezza non alterata da nulla, una visione buona della vita che potrebbe essere cosí bella ove non fossimo noi stessi a guastarla. Le ore portano sempre con loro il germe di qualche dolcezza che noi possiamo far sbocciare: e hanno tutte un delicato sentore che un giorno ci farà rivivere le loro impressioni con una dolcezza di passato».
Accolgano dunque e benignamente le signore quest'omaggio che si rivolge alla loro sensibilità: e se il Giorgieri sente di dover rifugiarsi nei miraggi dolorosi de' suoi sogni per isfuggire alla cocente angoscia della realtà, ancora scriva questa serie di capziose novelle.
Nei silenzi della villa e nelle frescure pei parchi ombrosi, ecco il volume favorito per le sieste di una gentile ed intellettual persona.
[1896.]LA SFINGE(2)
Perché una Sfinge si rileva, a pena abbozzata, sopra una tela d'un simbolico e giovane pittore (anche il simbolismo giunge in qualche modo ad essere funzione di romanzo per li autori d'un naturalismo psicologico presto a morire); perché questa Sfinge erta, minacciosa d'un viso dubio e feminile, irritante e malvagio, sta impassibile a rimirare dall'alto d'una scheggiata vetta, la strage delli uomini da torno e li illusi che camminano ancora, sperando, tra il sangue a lei; perché il quadro accennato ingombra una parete dello studio di un comediografo, Giorgio Montani, e si accende al sole del meriggio o smunta nei vesperi, Giorgio Montani raffigura in lei la vita umana, la fuggevole sostanza feminile, anche l'amore, quindi la felicità. Come raggiungerla, come possederla se, jeraticamente severa, tormentosa, bizzarra, nessuno accoglie e tutti invita?
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