Don Quixote conserva, sotto la magra e triste figura d'hidalgo spiantato, l'anima ed il cuore d'Amadigi di Gaula; ha per scudiero il Panza, cavalcator d'un asino, al suo fianco. Quando assalta mulini e greggie, don Quixote distrugge la passata e presente e futura cavalleria: allora ritto il monco di Lepanto, suo padre Cervantes, segna il fine della grandezza spagnuola, enumera l'ore di vita all'istituto feudale, incomincia la rivoluzione, cui la ghigliottina del '93 dovrà incoronare. Cervantes de Saavedra costruisce, dal grottesco, un poema di bellezza e d'utilità sociale, instaura la nuova istoria.
Grottesco è callida junctura; come l'humorismo nell'arte del dire, nell'arti plastiche, il grottesco è uno slancio impensato ed impreveduto nel meraviglioso; è una esagerazione del sentimento e della sensazione. Nei riti, il grottesco è superstizione; nell'amore è il sadismo; nelle forme il mostro. Il grottesco è arte; senz'arte cambia suo nome in ridicolo; i ridicoli, in loro, sono Homais, Buvard e Pécuchet; Flaubert, nel farli vivere, usò di una ironia scaturita dal grottesco.
Grottesco è associazione di idee passionali; spesso una sintesi; la maschera, il mito, il tipo hanno una necessità d'impersonarsi in lui. Dogbery, Calibano, Gulliver, il Nipote di Rameau, il Bergerac del Rostand, sono delle bellezze a cui manca un elemento, donde sorge la antietetica apparenza. Le «Gargouilles» di Notre-Dame e del Duomo milanese furono cosí espresse: da uno scongiuro, dalla paura, da un sogno.
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