Orribile, il ragno mostro, il mygale, che divora lentamente il cuore alla fragile Tong-choui, la dea della oscurità; orribile la Corona del piacere; una strana, favolosa, incredibile scoltura, aggemminata, ferruminata, d'argento, d'oro, di stagno, di perle, di giada, di avorio, di legno, di bronzo di corallo corona di lussuria e di dolore: l'Hoan hi Koan-mieu.
L'uomo, la donna, il dragone, tra i fiori, tra le frasche, costellati di rubini; la passione: l'eterno dragone, che racchiude nelle sue spire tutto l'amore della umanità, che lo agglutina, lo protegge, lo cova e lo schiaccia, esprimendone il vino dell'isterismo e della pazzia. O vi espongono delle ingenue majoliche dipinte: dei fanciulli che stringono tra le braccia un'anitra; dei contadini sotto il peso delle messi, al ritorno dai campi; delle divinità, sedute in posizioni impossibili, dee della terra, del buon ajuto, Kuannon, dee del mare, vigilanti sul bottino di una pesca miracolosa.
La «Seconda Internazionale» di Venezia, nel 1897, non ci ha schierato la raccolta giapponese del Leeger di Berlino?
L'esteta Vittorio Pica, sull'arte calligrafica ed impressionista del Giappone, non ci ha dato un'ottima divulgazione, coll'Arte dell'Estremo Oriente? Il Gonse coll'Art japonais? I Goncourt, del loro fascino stilistico, non ci spiegarono l'humorismo satirico di Hishicava, la grazia fine e profonda d'Hokusaï? O delle plastiche di cera vi ricordino la pura classicità; sono deliziose Andromedi chinesi minacciate dal dragone azzurro: delle vergini accosciate, le braccia a ricingere le ginocchia; delle vergini sdraiate; delle vergini ritte, sotto la prossima minaccia di una scimia, che loro si arrampica sulle coscie: Tchun-mei, la Psiche oscura dell'estremo oriente che si offre al dio Hi-djin.
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