Abbiamo sepolto il criticismo sterile, per l'integrazione, e, nel medesimo tempo, siamo agnostici; il taedium vitae č morto nell'ultimo festino col quale ci ha congedati Hartmann; e virilmente il gaudium vitae squilla foriero una sua tromba d'argento, chiamando. Dal Boito del Re Orso(13) al Piacere del D'Annunzio quanta strada percorsa! Abbiamo sostituito alla negazione, l'opera; una fede scientifica all'ultima lagrima del romanticismo convulso.
Certo e meglio abbiamo fatto. Ma amiamo ricordarci dell'ira nevrastenica e della decadenza morale di questa lirica, nell'impeto caldo della nostra e nella bestemia saporita ed ardente dei versi moderni; ma amiamo ancora scendere la strofe armoniosa del Boito, per sapere donde siamo venuti e per inorgoglirci del cammino in breve compiuto.
Tale l'evoluzione in ogni cosa e sotto ogni forma, che, impaurendo il misoneismo, ha ragione delle debolezze; tale il futuro, che si fa presente. Dai cofanetti di ricordi leviamo viole appassite e suscitiamo anime di profumi trapassati, colle ciarpe e le sete di un tempo. Scioriniamo queste vecchiezze al sole. Il sole, oh come accarezza le vecchie cere teneramente e come ci ride in faccia e sulla via, rumorosa di opere e di passanti: e come rulla e sibila il carrozzone elettrico, giallo d'oro, meteora, tra la modernitā dei palazzi recenti. Non tutto il nuovo č bello e risponde all'arte che vogliamo; e non sempre Mephistopheles ha ragione del sogghigno, negazione, ora che < ... > siede in maestā la coscienza umana constatatrice.
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