[In «L'Italia del Popolo», a. XI, n. 395, 29-30 gennaio 1902.]LA GYP
La Gyp è una conservatrice ad oltranza. Ha ragione: ogni signora, passata l'età sinodale stabilita dal concilio di Trento, lo deve essere per sé ed anche per la classe a cui appartiene. Noi vediamo quindi le vecchie attrici e le vecchie cortigiane, qualche volta i vecchi bei giovani, intrattenere le grazie sfiorenti del loro corpo con dei cosmetici chimici e dell'acque riparatrici; noi osserviamo, che ogni baracca governativa, od ogni classe inutile allo specifico ufficio della vita sociale s'industria a riparare le falle e le soluzioni di continuità inevitabili, le quali si manifestano in ogni organismo parassitario e decidono della fatale ed esiziale evoluzione verso la sua soppressione.
La Gyp allora, che non fu precettrice di nessuna Delfina, e glie ne duole, ma che da Madama Genlis, spesso, raccatta le veneri della frase, non si lamenti se ebbe ad udire susurrarsi contro, che, per quanto i suoi tre franchi e cinquanta, rivestiti di gaje e suggestive copertine, non siano cari, in gioventú, essa aveva venduto se stessa il suo pelo, a piú buon mercato, che non ora la sua penna. Perché, schieratasi amazzone armata, a guardiana rispettosa della tradizione franca, che non è il francese, si posa a difendere, dopo un passaggiero entusiasmo di boulangismo, ed il trono, e l'esercito, e le corporazioni religiose, e la tiara.
Fa bene: ciascuna decaduta, ha il diritto di proclamare le alte sue origini: ciascuna vecchia bella donna ha la necessità, dopo di aver molto amato, di aiutar gli altri a volersi bene e di ricorrere, dopo il bacio, al confessionale.
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