STENDHALIANAper Felice Cameroni
I.
Il secolo nuovo non ha interrotto la nobile tradizione, sotto le pressanti faccende, nel lavoro febbrile di ogni giorno, sotto le novità piú fresche della letteratura, nel dibattito astioso intorno alle recenti formole estetiche, non ha sepellito la memoria ed il nome di Stendhal, Enrico Beyle, scrittore avvenirista della prima metà del secolo XIX. Egli, che incominciò a vivere nella storia letteraria europea dopo morto, dal 1860 in poi, e che chiese di sé profezia, quando scriveva egotisticamente di dover essere letto ed apprezzato dai suoi posteri del 1880; ora è riconosciuto, al dir dello Zola, padre di tutti noi; introduttore del romanzo sperimentale e naturalista moderno.
Per ciò, in Francia, per lui, per le sue opere per la sua vita vennero in luce lavori, libelli, monografie, in tale numero da comporre una assai ricca biblioteca. Mérimée, gli è amico e ne lascia memoria amorosa; Balzac, primo, lo scopre alla Francia, dalla Chartreuse de Parme, lo proclama génie immense; la Sand lo ritrova elegante causeur, in un buon viaggio nel quale le fu compagno di poche ore, sul piroscafo, in rotta da Lione ad Avignone; Sainte-Beuve, astioso di tutto quanto è grande, lo dettaglia con invidia.
Per il Brunetière è un impertinente; per Barbey d'Aurevilly un tartufo intellettuale; per il Rod un troppo sperticato laudatore d'Italia; Faguet lo racconta con molta opportunità e modernismo; Parigot lo sintetizza in un lavoro di critica lodatissimo; Delécluze, nelle sue Memorie, non lo esclude; Belagon vi si distende minuzioso ed esatto; Bourget lo confessa religiosamente.
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