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      E perché la buona ed intransigente estetica non doveva rimanere inutile, dopo Alla scoperta dei letterati, opera di divulgazione, superficiale e corrente, adatta assai per le mezze colture e quindi premiata dalle solite commissioni, L'Arte mondiale a Venezia; nella quale non iscopre nessun grande artista nostrano, raggiunge a dimostrare che li stranieri fanno meglio di noi, fa dilagare la corrente di una universalità pittorica e plastica, sopra il genio particolare delle razze, alluvione improvvisa di cui, da poco, i nostri artisti imparano a scansarsi con ottimi risultati.
      Tutto ciò ebbe seguito e voga; piacque; raccolse un pubblico di dubii intenditori; seppe farsi rispettare dalle Case editrici, e lo condusse ad essere cercato: ottima virtú sua porsi arrivato tra i molti arrivisti; profonda conoscenza del suo tempo, per cui non invano, egli voleva lavorare: d'Ugo Ojetti ora non si vorranno piú citare le commedie ardite e coraggiose del primo entusiasmo, cadute, quando dei critici malevoli bighellonavano scherzosamente intorno ai suoi panciotti strani e stravaganti: d'Ugo Ojetti si dirà: ecco un elegante prosatore, un letterato sorto dal giornalismo ad interessarci alquanto ed a farci piacere.
      E però nelle Vie del Peccato(18), egli è meno giornalista e piú uomo di lettere; si riscatta felicemente. Cappiello, un illustratore parigino, minia la copertina di una eccessiva e spumante demi-mondaine, specchietto a richiamo per li occhi, sollecito di promesse. Cappiello, col suo schizzo, sintetizza l'opera.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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