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      Luccicano e volano ingannando, sotto le nuvole dense. E come sono piacciono, perché necessarie livellatrici, effimeri organismi di bellezza a disgregare, a infierire, ad accelerare sullo sfacimento. - Dalle mime, dalle saltatrici, dalle tibicine, dalle gaditane, dalle istrione, a noi, per l'artista, o prodotte dal corega, o dall'impresario, o da se stesse, o schiave, o libere vengono e piacciono. - Un cippo bianco, a Pompei, porta scritto, dopo un nome greco di donna, del quale sono conservate le due ultime sillabe: Saltavit et placuit. Cosí danzano e piacciono. Ma danzano sopra a tutta la miseria, sopra a tutto il dolore e l'angoscia e le viltà e le menzogne; e danzano sopra l'intimo bollire del risentimento dell'odio, della vendetta, del bisogno di godere e di vivere per forza.
      Vi sono delli occhi bruciati di lagrime, che seguono il ballo fescennino di Pougy e le contorsioni andaluse d'Otéro. Vi sono delle mani rattratte ed inquiete, che battono il ritmo di una canzone promettente di Yvette e che aspettano, dalla sua bocca rossa, una parola rossa. E, di fra li intellettuali, molti confidano, nella inconscia azione di questa tournée di vizio, una indiscussa alleata per l'azione.
      Ond'io penso davanti alla parata funambolesca e, dubito se convenga ribellarsi o se, noi domani, a cielo sereno, liberi, dovremo piuttosto, ringraziando, erigere effigi meritorie sulle piazze a chi volle, dal vizio e, pel vizio stesso, consacrare l'avvento di una felice virtú incondizionata.
      Ma sorridiamo.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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