Il signor Guido Verona mi si presentò con molta cortesia e gliene sono grato. Egli si è professato galantuomo ed io gli credo ed è bene credergli; ma, al mio apprezzamento politico e letterario, su di lui né tolgo né aggiungo parola.
Il Mito e la Maschera (universalità del resto, non personalità) ch'io vi aveva desunto, non vanno quindi illustrati del suo nome, da che questa volta, come spesso anche a Cuvier, e, come ho anche preveduto, i dati ed i resti fossili che aveva per mano mi hanno ingannato a ricostruire un animale di imaginazione che non rappresenta il reale.
Voghi quindi il Canto civile per il mare morto delle nostre lettere, tra le molte altre superfettazioni contradittorie e per le innumeri contraffazioni storiche, edificando la vera storia ai posteri.
[In «L'Italia del Popolo», a. XI, n. 578, 4-5 agosto 1902 e a. XI, n. 579, 5-6 agosto 1902.]PER DUE ROMANZI FRANCESI
Un romanzo del Sâr Péladan non ci è mai indifferente, per quanto il suo eccessivo gnosticismo ci irriti qualche volta e le concezioni religiose della sua sociologia ci sembrano fuori di luogo, false ed inapplicabili nel secolo XX. Ora, dopo d'aver dato alle stampe, recentemente, in due volumi, La Terre du Sphinx e La Terre du Christ, impressioni dei suoi viaggi in Egitto ed in Palestina, donde è ritornato carico di cristianesimo primitivo (e non ne aveva bisogno) e d'ermetismo trascendentale (superflua dottrina per lui già Sâr parigino) aggiunge, alla epopée della sua Decadence latine, il quindicesimo volume, Pereat! uno studio sulla vita religiosa contemporanea.
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