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      Per ciò vi meraviglierete con me nel leggere L'Adultère sentimental; vi cercherete invano la ricca oscurità dello stile del Conte de l'Or e du Silence e la ardita induzione del Roi Fou.
      Nella morta gora della regressiva provincia, ecco delli adulterii ingenui e quasi involontarii. Si svolgono, come un nastro di seta a colori pallidi e sciupati, due esistenze di donna, amorose, trascurate ed incomprese; la madre e la figlia.
      E, se la madre, nell'entusiasmo guerriero del '70, tra le febbrili speranze vincitrici dell'arme e le dolorose realtà della sconfitta, pecca di un bacio solo, sulle labra dell'ufficiale volontario nel giorno dell'addio; la figlia piú decisa, piú pratica, meglio avvisata della vita che non rispetta alterezza ed onestà, profitta della sua bella persona, complice il marito, che se ne vale, per ascendere i gradini lubrici della burocrazia annoiata dentro li ufficii dei piccoli comuni.
      Due epoche; due caratteri; epoche e caratteri non opposti, ma susseguenti. Il secondo impero nel quale il lievito nascosto di Lamartine e la palese sentimentalità romantica della Sand e del de Musset fanno piangere e sognare l'anime feminili malate d'amore: la repubblica attuale, che ammette libertà di coscienza e di disposizione, sollecita li anarchici e le rivolte, accoglie li sforzi utilitarii. Due caratteri; il passivo e l'insofferente non avventato ma calcolatore; il romanticismo ed il materialismo.
      Fra tanto la semplicità del borgo romito dilaga: la vecchia borghesia delle piccole città, in cui ci si deve rispettare per il rispetto necessario all'aria stessa che si respira; l'egoismo dei vecchi parenti; la speranza secreta delle giovinette e l'infelice scioglimento alle crisi passionali; e la madre complice involontaria, e l'ava che apparecchia le fascie al nascituro, ed i pettegolezzi ed il voltairianismo del medico condotto e la pietà giansenista del curato, si rispecchiano nel puro cristallo di uno stile, che ha scordato le pretenzioni simboliste della prima ora.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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