Non ho pensato come una idealista, quando davanti ad una condanna assurda e feroce ho gridato: «Questo è un delitto?» - «E non vedete nelli Evangelii come tenda ad una morale determinata da una psicologia scientifica e socialmente ad una Città del Futuro?».
Ora lavorava alla Vérité ed alla Justice, ed in quest'ultima, precorso il tempo, voleva dimostrare gli Stati d'Europa confederati, la scomparsa della guerra, l'annichilamento dello spirito militare per opera della giustizia, in tutto, il sogno illuminante di Victor Hugo. Ed al meravigliato giornalista, che si ricredeva colle parole: «Sí, voi siete davvero un simbolista». - «Che volete? Vi stupisce che io mi metta sulle vie di Hugo? Io ho conservato piú a lungo che non si creda il mio romanticismo iniziale». Con questo statuiva che la funzione zoliana era una identità col nostro Simbolo.
Si volse dubitoso, e qualche volta impaurito, alla gioventú la quale lo sforzava da vicino, incalzandolo, perché precedesse con lei e non mettesse ripari alla sua corsa. Nell'ultimi anni, l'attitudine estetica ed eccessiva delli scrittori, che si raggruppano intorno alle Riviste di avanguardia, fu poco rispettosa e riguardosa. Vi fu un Léon Bloy cattolico ed eresiarca insieme che al J'accuse rispose per letteratura un Je m'accuse; nel quale, per quanto attiche, sprizzarono ingiurie partigiane. Vi fu una Rachilde, troppo innamorata dalle anomalie, che volle vedere negli ultimi lavori zoliani delle pappe dense, brune ed insipide. Vi furono degli idealisti ad oltranza che lo rimproverarono di aver trasformato il romanzo in una sala di clinica, in un dispensario od in una foce di fognatura.
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