Oh! si effonda, si diffonda, si riversi e si svuoti il piccolo cuore, nel piccolo verso. Tale, un giorno, non conformista, il Carducci sferzava:
Mirate, o creature, il re di cuori.
Il mio cuore, il cuor vero;
e seguitava, samosatense lirico:
Egli è tenero e duro, è dolce e forte,
Ariete ed agnello:
Come tortora tuba, e rugge a mortePeggio di un lioncello;
Questo cibreo del cuore, in verso e in prosa.
Perciò, sinceramente, qui pulsa, secondo il colore del tempo e l'opinione dei maggiori, che reggono la baracca del governo e l'arte. Mai di un fiotto caldo e nuovo, di un ardire personale immette vita alle arterie, anima alle carte. Il cuore è decente sopra tutto; sa dove giungono i confini della licenza e non entra in quel campo; schiva le insegne (nere e gialle, cosí io le ho viste sulla cima dello Stelvio ghiacciato, a dividerci dai fedelissimi Kaiser-jäger) che segnano il permesso, e fa suo campo in un corridoio di reggia.
Perciò, sinceramente, vi racconterà quanto meglio vorrà che sappiate per sua futura gloria o per opportunità presente di réclame; come egli, ad esempio, fu di tra coloro che vegliarono (e s'invoca all'amico Giacosa), Verdi morto (Verdi è morto!) perché è sempre bene essere il necroforo di un illustre; come anche inviato commissario italiano all'ultima Esposizione di Parigi, abbia voluto gettare una qualche poetica lordura sullo strascico della Parisienne, statua eretta, modernità di lusso e di ribellione antiacademica, in sul frontone della entrata; come, in fine, ad ogni lieto evento (non ricordiamo i funesti) de' Savoia, la sua chitarra pizzicasse l'obbligatorio epitalamio, battuta mitologica e cortigianesca, contagioso tripudio per greppie ufficiali, non avare di avena.
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