Cosí hanno proclamato».
«La morale moderna si inganna. La nudità, al teatro, svelata, in tutta religione nel corpo perfetto di alcune creature di eccezione, dovrebbe essere uno spettacolo non solamente permesso ma sovvenzionato dallo Stato. L'amore, l'atto grave e profondo tra i mille ed al quale dobbiamo l'esistenza, l'atto, che ricongiunge la madre al bambino e pel quale noi partecipiamo al mistero universale della successione e facciamo della vita inconsciamente l'atto ereditario, che da generazione in generazione, risponde e propaga, alla nostra origine, colla nostra discendenza in sino all'infinito del passato e del futuro; questa forza espressa in un gesto, questa potenza divina, dovrebbe essere una turpitudine di cui un romanziere non può occuparsi? E ne incolpa l'iconoclastica dottrina di Paolo, raccolta e fermentata da Lutero; e si volge ribelle contro Roma e Ginevra; e si afferma nel grande amore e nella grande bellezza di Grecia».
Tutto questo è una buona battaglia per la dignità dell'arte e per la libertà del pensiero umano.
Cosí, sotto le spoglie dell'archeologo forbito, sotto l'esteta puro, che pare si volga semplicemente all'arte per l'arte, sotto al romanziere di cortigiane e di ludi saffici, impensatamente, sbuca il sociologo. Altre volte io ho detto:
«Arte pura? No: non è mai sterile, e comunque arte sarà sempre sociale. L'artista, per quanto non paia, per quanto sia astruso, lontano, racchiuso nella torre di avorio, sarà l'eterno ribelle, l'eterno sovversivo. Conquistare per la bellezza nuda un posto al sole, vale, nella filosofia della storia, distruggere un privilegio ed una barbarie; santificare l'amore anche nei termini anatomici, che i fanciulli viziosi cercano, nel vocabolario, sotto i banchi della scuola, vale fare rivoluzione.
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