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      Suscitarono l'anime fraternein un sogno d'impero,
      e furono come armiinvisibili contro lo straniero.
      Poi, ad intermezzo, ritrova, primaverilmente, la fresca vena quattrocentesca; emula Poliziano ed il Magnifico cantando il Maggio.
      Serve, dopo il maggio di sangue, il maggio d'amore? «Dei poeti giovani», dice un giovane critico, «il Pastonchi è l'unico di cui si possa ormai, con sicurezza affermare che non debba fallire un glorioso porto»; io vi metto le mie e molte riserve, perché egli non si agita a conquistare veste modernissima per moderna e piú libera vita di pensiero.
      Tutto moderno, invece, rude, semplice ed involuto anche, ma deciso fervente è Umberto Saffiotti. Pe 'l Campanile di Venezia è un poemetto tragico dove è la lotta morale tra la contemporaneità ed il trapassato; per cui son il Vecchio e il Giovane che si disputano a pro del loro ideale, del loro bisogno, il primo distrutto, il secondo insorgente.
      Il Saffiotti non cura se i suoi versi siano piú o meno contemplati dai nostri manuali didascalici, quanti accenti abbiano e come siano lunghi: desidera che il suo verso sia logico al suo pensiero, non lo amputi, non gli venga floscio ed esuberante, ma lo inguanti con flessibile giustezza anatomica. Visivo e colorista sfoggia gli ori delle aurore veneziane; acustico ne accoglie i suoni:
      Era un'arpa leggiera esile e limpidaassunta alle orchestre stellari,
      con le corde librate nell'aria,
      con le onde sognanti un armonicovolo, per li ori dell'alba
      e li ori del tramonto.
      Egli si tira da parte e fa il suo cammino solitario cercando di essere se stesso; gli nuociono alcune esuberanze, le quali testificano della sua forza; è sincero e non ha ancora saputo il mestiere di farsi considerare e di ingannare.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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