io voglio imporre le manisu le cose e dir «siate belle»
e sian ben oltre il sogno.
Ora dirà:
Calma come un iddia,
alata come la strofe,
fanciulla bianca. E, per quanto ripeta il motivo dei Dialoghi d'Esteta il suo incesso è qui stanco ed il passo ripolito ed incastonato, tra l'impassibilità dei suoi romani bassorilievi, si trova a disagio e ripete un'eco inattuale e stanca.
Cosí ritorna con Cibele Madre: statiche, marmoree ricompone le sue liriche sui modelli classici, a punto ricercando il sonetto e la saffica. Negli uni è la breve tempera di paesaggi riveduti ed accomodati nello studio, riflessivamente, sulla scorta di una imperfetta notazione all'aria aperta; nelle altre un lusso prezioso di erudizione e di scienza, d'antropologia e di dottrina linguistica, non fatta rivivere ma ossidata. Di se stesso nulla accenna, nulla immette. Oggettivo, rappresenta bene ma senza anima; diligente ed abile si vale della buona retorica, ma è freddo ed assente.
Facile mi soccorre la frase comune: poesia di maniera e la sua maniera la ritrovo in Carducci. Lode questa, per altri, non per lui, che aveva incominciato a provarci di voler essere lui stesso.
Forse l'emulazione lo spinse, per il cammino piú facile, a piú facile applauso? E non si accorse come fittizie e vacue sono le approvazioni della folla, se in se stesso non è partecipata simpatia a quella mediocrità che la moltitudine porta sugli scudi, in un'ora di breve entusiasmo? Perché dimettere la buona indifferenza orgogliosa e dolorosa per chi non può o non vuole comprendere?
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