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      Curioso e logico rapporto: che se la verginità è promessa quasi sempre mantenuta, l'evirazione è forzata castità, infeconda e perenne.
      Molti non si trovano del mio parere; e, confondendo facilmente acerbità sintetica aspra, con secchezza legnosa e stentata, si troveranno contenti del modo piano, facile ed insolito in lui di presentarsi con Cibele Madre. Diranno: «Egli è un giovane che ha finalmente compreso; che ha lasciato da parte le frasche dismodate, o non ancora venute di moda, gli enigmi e gli indovinelli di una sua fu poesia.
      Si è fatto serio e non è piú sventato; alla sua Musa, che si convalida e che dimostra colla sua pacatezza di riuscire una buona massaia senza languori e vapori, senza scatti nervosi, senza inutili insubordinazioni, stiamo preparando lo sposo; un giovanotto già decorato e ricco industriale. Oh, vedete dunque che i sovversivi di letteratura e del resto si medicano da se stessi e tornano alle buone usanze in seno alla gente per bene?». Vecchie storie: e se da una parte deploro di non riconoscere piú l'autore de' Dialoghi d'Esteta in Cibele Madre, d'altra parte non mi posso esimere da un piccolo sentimento di soddisfazione. Egoisticamente penso, che si sta con maggiore franchezza e libertà solo: e la critica, che fin qui usò imperturbabile del binomio Quaglino-Lucini, deve da oggi scinderne i termini e nominarli molto distintamente. È bene che le confusioni, specie in letteratura, abbiano qualche volta un fine.
      [In «L'Italia del Popolo», a. XIII, n. 1178, 5-6 aprile 1904.]


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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