E che, profugo in Francia, il Tommaseo attese ai suoi studii letterari di non dubbio valore, e, che, tornato a Venezia, con Manin venne arrestato per una petizione a Vienna la quale chiedeva una piú equa interpretazione della legge sulla stampa. Cosí liberato insieme dal popolo, il 17 marzo 1848, fu nel Governo provvisorio repubblicano delle Lagune, dove insospettitosi a ragione di Carlo Alberto, combatté la fusione col Piemonte dimettendosi, quella essendo stata accettata, riassumendo del resto l'ufficio di ambasciatore a Parigi per chieder soccorsi, proclamata senz'altro la repubblica, dopo la fuga vergognosa da Milano del savoino e l'evidente defezione preordinata.
Capitolata Venezia, passò a Corfú; vi prese moglie ed acciecò, rassegnato allo strazio; venne dal '54 al '59 a Torino per ragioni di studio e vi rifiutò una cattedra universitaria, perché concessagli da un potere regio; vi curò il Dizionario della Lingua Italiana, il Dizionario estetico, il Nuovo Dizionario dei sinonimi, la raccolta del folk-lore corso illirico e greco, per morire nel 1874, a Firenze, immutabile repubblicano, ma purtroppo cattolico intransigente.
Tutto ciò gli torna ad onore e nessuno lo può negare; ma, se questo è l'aspetto nobile ed esterno, comunemente monumentabile del personaggio, che luccica e lustra ai soli della storia cioè quanto siamo chiamati ad ammirare nel Plutarco novissimo delle nostre glorie, è pure insieme quanto è diminuito dal sapere le sue lettere; le quali si prestano ad uno studio psicologico, retrospettivo di non lieve utilità per il carattere e l'essenza morale del fu grande uomo.
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