Il cattolico-repubblicano, cosí, di nascosto giuocherellò con Pafo sino a vecchiezza. Forse il titillio degli Erotici greci, ch'egli in parte tradusse con vera grazia ateniese; l'eccitarsi insoddisfatto, per il suo Fede e Bellezza, archetipo degli ultimi piccoli mondi ed antichi e moderni, pepati di gesuitiche espressioni untuose di lussuria, come le Filotee (e questo notava il Cattaneo) lo facevano indulgere alle pratiche venali dei comodi amori disistimati. Negli ultimi anni si compiacque della ciccia servile; cosa solita in lui se Carlo Cattaneo, uscito un giorno dalla sua consueta compostezza, ebbe a gridargli contro: «E bene: guardate questi grandi uomini! Sempre serve... nanca una camerera. E costen pocch».
Niccolò Tommaseo, scrittore, passò per due forme opposte e contradditorie: ottima la prima, giovanile, concettosa, densa ed appassionata; l'altra molle, a cincischii, alla ricerca del ribobolo toscano e del lezio purista.
Quanto egli in vecchiaia ha voluto rifare e rimaneggiare, perde in bontà, sciupa nella spontaneità e nel calore: guasta nel correggere e nei risciacquare in Arno.
Ebbe la fortuna di passeggiare sopra le tavole politiche del nostro risorgimento e di accomunarsi coi decisi e i coraggiosi per la grande idea, soffrendone esilio e dolore. Ciò lo fa resistere alla critica, insieme colla fede repubblicana, che non ha mai gettata per lusinghe o minaccie, e che mi sembra stranezza innestata sopra quel tronco spinoso ed inciprignito, compresso della sua religiosità praticante di apostolico romano.
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