Donde, l'amorale ed il violento malinconico, nascosto sotto lo scherzo in cospetto ad una costatazione sociale ed attuale, sorge, se, dal grottesco degli Uomini Rossi, passa ad Anna Perenna a cui dedica tutte le sue cure, le morbidezze e le preziosità cadenzate della frase lirica e figurata.
Daimon e guida, Anna Perenna, triste, rumorosa, bizzarra, sardonica, addolorata, piena di speranza e di remissione, sempre maligna, prende per mano il poeta e lo conduce pei sentieri ingombri dalle spine e dai fiori della memoria, lungo la sua terra natale. Ed è l'epirema vivo costante, che precede, col parco motivo della leggenda e del ricordo, le tredici novelle dedicate al suo nome, come ad una famigliare divinità, dall'altri non riconosciuta, ma perpetua al pensiero ed alla riverenza del Beltramelli.
Evocazioni di gente fuori del comune; gente che ha dimenticato e non ha conosciuto i vincoli sociali, dissoluta nel deserto delle foreste appennine per la pineta e dentro l'acquitrino di Ravenna; nei pomerii lussureggianti dei villaggi, dai quali le vie battute si scostano; rifugiata alle radure e nelle praterie dei pascoli montani e nelle capanne a riva dei fiumi pescosi ed innominati ricciuti di spume: le belle figlie di Jadic, fragranti d'amore, inquiete d'amore, che, nel dolce Adriatico della piccola Cervia fattucchiera, concepiranno come le vergini mitologiche dalle onde; Ealistar, il passatore, forma di violenza e di forze cieche, improvvisato cavaliere di bellezza; ed altri: i Ciechi, che cantano le loro cecità, per la passione dell'allucinamento; il Fauno, che all'agguato sorprende la fanciulla; la Cerbiatta nomade e morente dopo l'abbraccio, come l'eroina di una novella del Decameron e la Tribú dei bambini vagabondi, compresa dell'incanto dell'estate, se ascende la scalea delle pendici coltivate ed opime di frutteti e vede la morte di Azurên, cantore incosciente nell'ultima luce del vespero, dopo l'ultimo canto:
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