Pensò al pubblico tra un bacio e l'altro; fu attenta ad imbellettare la frase del sentimento con cura e rispetto, perché sapeva che non sarebbe stata proferita in un dialogo solitario, ma davanti alla platea; non fu una sensuale, perché la stessa ricerca di variazioni erotiche l'indica come poco voluttuosa ed amò farsi credere, non perversa com'era, ma ardente. Ella abbandonava il suo corpo al desiderio suo e d'altrui senza resistenze, senza previi terrori, senza fluttuare; ciò indica quant'ella poco vi partecipasse: senza altro capriccio che l'effimero di una sera, dice a Mérimée: Viens Prospér, tu verras que mon âme n'est pas corrompue! ed il prezioso concettino di educanda, démi-vierge, diventa una ridicola esclamazione nella bocca di una scrittrice provata ed avida di celebrità.
Tale riflesso di pedanteria, scusa ad un temperamento freddo che ricerca per ogni dove pretesti onde si ecciti e ribolla, le ha determinato l'ideazione. Seguí la moda e la moda la protesse, fu del suo tempo, anno per anno, amante per amante. Ogni suo romanzo è l'opera del maestro e signore di quel dato momento; ella vi aggiunse la declamazione floscia ed il pathos lacrimoso per cui riallaccia, con evidente continuità, l'uno all'altro i suoi volumi. Indiana, Lélia, anche La Petite Fadette, e Valentine Mauprat, e Consuelo, e Mademoiselle de la Quintine, ci annoiano e ci irritano: vi scorgiamo sotto il fittizio, lo sforzo, la pretesa nell'autrice di essere una grande scrittrice. Comunque, svampata la meteora dell'attualità, diminuita sul suo piedestallo, che al Lussemburgo, tra gli ippocastani, la espone in vestaglia scollata, seduta sopra uno scoglio e pensosa piú di se stessa che d'altri, rimarrà di lei questo: «ha molto lavorato e collaborato d'amore e di letteratura cogli uomini celebri del suo tempo».
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