E vide M.me Bergeret, di sua famiglia Poully, quasi bella, altiera, con l'arte nobili e stanche artificiali; con l'evidente disdegno contro il marito che non vuol comprendere, colle svenevolezze sentimentali e romantiche nel suo pietoso e disgraziato adulterio con Roux, il giovincello allievo intraprendente. E sfilarono: la vecchietta zitellona Zoè, ordinata e meticolosa borghese; l'archivista Mazure; M.r Gromance e Cassignol, il procuratore della repubblica in riposo; l'abate Lantaigne, alto, magro ed ossuto nelle pieghe inquiete della sottana; la bella signora Gromance, e Paolina, la maggior figlia di Bergeret prediletta, sotto l'ormeneta frondosa del viale pubblico di una cittadina di provincia tra le rivalità, le passioni, le gelosie, le invidie, le cattiverie e le sciocchezze, appannaggio necessario ad una vita racchiusa e pettegola quale i piccoli centri offrono all'osservazione dell'artista critico.
Qui vissero di una esistenza effimera e pure intensa quei personaggi, che ciascun lettore della tetralogia aveva, a suo modo e colla imaginazione, plasmati; qui la relativa materialità e la piú concreta designazione delle maschere comiche nulla tolsero al valore suggestivo delle pagine, ma furono una garbata traduzione del pensiero del France, esposta col sottinteso e la malizia di un moralista, quando voglia, per poco, divertire ridendo e punzecchiando con grazia sottile ed opportuna.
Solo il mite e rispettoso Riquet, che sogguarda, venerando, il padrone, come il gran feticcio, distributore della luce e dell'ombra della morte e della vita, manca tra gli interlocutori.
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