Noi siamo cosí privati dei monologhi mentali del cagnuolo, interessantissimi e profondi nel corso di Monsieur Bergeret à Paris; e ce ne doliamo un poco, pure ci compensiamo pensando, che quand'anche l'arte e l'artificio mimico possano riflettere qualunque personalità umana, non potranno mai emulare le attitudini semplici ed istintive degli animali; né questi costringere, con scienza di giuocoliere e di ciurmadore, a rappresentarsi nei casi voluti e composti dall'uomo, in ore stabilite ed in cospetto alla platea, per illustrarci una favola comunque dignitosa e morale.
Non per questo Riquet cessa di vivere. Troppe sono le obbligazioni che il professore Bergeret ed Anatole France gli hanno perché lo dimentichino, sperduto tra le ombre delle loro conoscenze, dietro le quinte, ora che, come fa si tace, nell'intermezzo, l'azione preparandone un'altra forse migliore. Riquet, tra l'altre macchiette già da noi conosciute, vorrà intervenire anche in Crainquebille; dove sfogherà il suo cattivo umore contro gli operai che aiutano allo sloggio del suo padrone, e dove ripeterà, mutamente dentro di sé, alcune massime tra le quali è necessario ricordare queste asperse, all'intendimento umano, che non è cosí semplice come il canino, di molta ironia.
«Una azione per la quale si venne picchiato, deve essere una cattiva azione. Una azione, invece, compiuta la quale si ebbero carezze e pappa è certamente una buona azione». - «Un cane che non è religioso verso gli uomini e che sprezza i feticci raccolti nella casa del padrone, conduce una vita vagabonda e miserabile». - «Non si sa mai se ci siam bene comportati verso gli uomini.
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