È necessario adorarli senza comprenderli: perché la saggezza loro è misteriosa». E via su questo tono.
Crainquebille, nel presente volume ed ultimo di Anatole France, si è ricoperto, di tra le molte sue vesti tipografiche, di un'altra nuova: non è lussuoso ed ornato dalle sessantatré illustrazioni di Steinlen, come la prima volta, curioso gioiello di edizione, ricercato e tenuto caro dai bibliofili; è meno popolare di quando apparve nelle Opinions sociales, libriccini di propaganda minuta che non disdegnano l'arte e che si vendono a cinquanta centesimi. Ora, l'Affaire Crainquebille, che ebbe i suoi applausi sul teatro e di cui Lucien Guitry impersonò in un carattere di tragica grandezza l'umile figura del protagonista povero fruttivendolo ambulante (e nessuno ne ignora, credo, l'avventure, che, dal banco del correzionale, incappato per caso e per un'ingiuria all'agente dell'ordine, ve lo riconducono; da che nulla piú predispone alla delinquenza quanto una prima condanna iniqua e fredda per ossequio alla legge scritta) Crainquebille, ha logico corollario e seguito d'onore con Putois e Riquet, e, badate, con plusieurs(30) autres récits profitables. Senz'altro Cervantes de Saavedra avrebbe chiamato questa raccolta novelas exemplares.
Tali sono e per lo spirito che le informa e per lo stile impeccabile e gustoso con cui vengono espresse. Codesta è letteratura utile e bella; è l'ottima azione che l'autore di Lys rouge continua sulle carte, dopo d'aver dato la sua persona nel cimento torbido dell'affaire Dreyfus; è l'istanza critica sopra la società, perché si raggiunga quella libera ed equa giustizia di fratellanza che instaura Magnaud, il buon giudice, dai fondamenti di una filosofia determinista e razionale.
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