A quando questo lusso d'intelligenza e di buon mercato in Italia?
[In «L'Italia del Popolo», a. XIII, n. 1293, 31 luglio-1 agosto 1904.]PER TUTTI I POETI
I.
La scorsa primavera (l'indice alacre ed indefettibile corre sul quadrato del tempo e non s'arresta; ora cadono le foglie arrugginite ed arrubinate) mentre frondeggiavano i lecci e le quercie romane, alcuni giovani, con ardimento ed entusiasmo, vagheggiarono a Roma, una Società dei Poeti. Essi invitavano i colleghi e mandavano ai Cari Poeti missive per l'Italia perché venissero al convegno, stabilito in ogni martedí e venerdí in una saletta del Caffè Martini, in via XX Settembre, onde vi si accapigliassero fraternamente in pro' dell'estetica e della poesia. Preannunciavano la pubblicazione di una Rivista dei Poeti, sulla quale si avesse a riversare il troppo pieno delle intelligenze a rivelazione delle nuove attitudini e delle nuove speranze, cui la congrega poteva esprimere in faccia al pubblico.
Non so se questa specie d'Academia (non oso dire Arcadia, perché son persuaso delle nobili intenzioni dei radunati) abbia avuto buona fortuna. Dal canto mio mi limito ad osservare, che qualunque cenacolo, scuola o seduta, la quale voglia rappresentare in modo collettivo e sotto un'unica etichetta, diverse personalità, contrasti attualmente all'indirizzo modernissimo ed alla incalzante evoluzione.
Vuole il nostro tempo, e ciò è riflesso nelle scienze e nelle professioni anche manuali, una spiccata e profonda tendenza alla integrazione dell'individuo.
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