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      Roi Bombance, tragedia da burattini e culinaria, gliela appresta, conflitto politico e sociale e quindi di appetiti. Rabelais gli porge i suoi ghiottoni feroci e mostruosi, la folla moderna i proprii bisogni insaziati, l'ingordigia parlamentare i suoi Seid d'ogni colore, un torrido cielo d'estate, sotto cui vide agitarsi un meeting di rivoltosi, i suoi furori porpurei, la candida sciocchezza divina dell'immortale poesia, l'Idiot, l'innocente sarcastico e contemplativo, lo scherno letterario, la caricatura coraggiosa dello stesso poeta: Sainte Pourriture regna. Regna e domina tutti; la stessa golosità è peccato e penitenza. Tutto l'assetto sociale vortica sul ventre: chi se lo ammira all'ombelico ingemmato nella catrarsi, imperatore fanullone, chi lo bestemmia vuoto, crudele e famelico e vuole riempirlo. Marinetti costrusse un'altra azione di eccessivo pessimismo, che non accontentò né forcaioli, né ribelli, ed ebbe l'avvedutezza di non concludere. A che conclude infatti la Santa Putrefazione? Questa è la crisi imminente e perpetua d'ogni ora, d'ogni epoca: il determinismo del trageda si arresta a quest'ultimo fatto tangibile; qui, dove la vita e le nazioni sono sospese tra l'essere ed il non essere; qui, dove vigila l'istinto, o la necessità naturale che abborre dal vuoto; qui, dove qualunque filosofia e qualunque amore hanno posto la loro speranza, perché aspettano, dalla libertà incondizionata dei crogiuoli chimici, dell'utero materno, della rivoluzione, l'essere nuovo in divenire.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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