Anche oltre Alpe, cercano, per schivare fatica e studio a conoscere le ragioni della esemplare personalità del Marinetti, di accontentarsi della facile trovata: «È un italiano, è un meridionale». E gli perdonano difetti di proporzione e di buon gusto - che sono pure ed anche specifiche qualità - con questa etichetta d'esotismo.
Del resto a costoro piacque di ascriverlo al simbolismo; e questo modo di letteratura che non è una scuola, ma l'espressione di diverse forme estetiche personali concorse insieme ad un principio di vita e di filosofia, lo accoglie volentieri. In questo gruppo di genialità diverse, dove si incentrarono dei romanzieri satirici e mistici come Paul Adam, dei lirici di sintesi come il Kahn, dei sognatori latini come il Quillard, dei parabolisti come il Bernard Lazare, dei critici come il Fénéon, delli eclettici sarcastici e disincantati come il Remy de Gourmont, delli psicologi acuti come il Dujardin, può prender posto il parabolano di Roi Bombance, l'erotico di Ville Charnelle, il banditore di fame dei Dithyrambes, l'ironista di Les Dieux s'en vont d'Annunzio reste.
Perché riuscí a fortuna, per la spiccia storia letteraria, che abbia fiorito una tendenza di libertà, di orgoglio e di lirica, in cui non si riconosca nessun limite all'arte, nessun metodo sulla espressione, nessun valore nell'insegnamento academico, nessuna ragione nell'intervento meticoloso delle regole, della ammuffita prosodia, della licenza concessa come speciale privilegio. Benvenuti questi anarchici di pensiero e di forma, mercé i quali, dalla scuola si passò alla federazione di libere e complesse unità operanti, determinate ad un lavoro di bellezza e di ribellione senza alcun controllo ed ubbidenza: tutti osservano un'unica legge di attrazione, concomitante per quel vertice prefisso; ma ciascuno è indipendente, abbraccia piú cose, vede maggior spazio.
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