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      La spina antifeminista gli si era incarnata piú in dentro; vi aveva fatto sanie, aperta una ferita; dalla slabratura non piú rimarginatasi colava sangue e tormento e pus infettivo: la vita stessa non gli venne a conforto; saggiò della donna quanto la femina gli permise; e si disgustò avvelenato. Egli può dunque scrivere in Rivolta ideale capitoli sulle bassure dell'amore moderno, sul feminismo, sul denaro, sulli spostati: ed egli, enumerando la schiera dei derelitti, non vi si sarebbe sottratto.
      Che gli poteva importare la nuova fragranza di un libro, che squillava la diana di un ottimismo d'oro, perché passato e vagliato dal dolore, dalla angoscia, dai disinganni, ma vinti, domati, valletti alla intelligenza, disposti, logicamente ed esteticamente, in serie? Come gli sarebbe apparso, nell'invito di credere, di operare di piú, di amare ancora, anche coloro che non sanno, che non possono, che non vogliono, eccitandolo a sentire, non a giudicare? Come gli risuonarono dentro, con quale commozione, con quale partecipata accoglienza le altre pagine di battaglia, di sacrifici, di libertà, di lieta vittoria, di oscure sconfitte, ma, di serena responsabilità del mio Verso Libero: «Da Casola sono ritornato giovedí, dopo di aver parlato con Oriani del vostro libro, sul quale, però, egli non ha voluto pronunziarsi», mi dava nuova il Donati: e, poco dopo, buono e fedele e quasi vergognoso del risultato negativo e della prova andata a male: «Oriani mi scrive stamane che ha ricevuto e letto ieri notte il vostro libro; ma non me ne dà nessun giudizio; egli si mostra, anzi, piú pessimista e triste che mai, fino a raggiungere la sgarberia per voi e per me.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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