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      Finisce: "Di me non ho nulla a dirti: sto peggio; ma ciò non interessa alcuno, nemmeno te ". - Amiamolo e lasciamolo stare».
      Né io lo interrogai piú oltre. Spesso, me lo sono raffigurato, in imagine, come Luigi Donati me lo aveva descritto, quando, nel novembre 1906, in una saletta del Cardello, egli andava copiando il volume autografo di Rivolta ideale(41) dettatogli dall'Oriani stesso. «Nel silenzio assoluto del romitorio e della notte, la sua voce vibrante d'orgoglio e tremante di disperazione, aveva accenti e sospiri che mi esaltavano e mi intenerivano: i potenti concetti della sua mente, le piú ardite speculazioni, attivando con imagini pompeggianti anche il mio povero cervello di scrivano, mi procuravano sommi diletti: mi pareva che i maggiori ingegni se ne dovessero, alla loro volta, infiammare irresistibilmente non appena il libro fosse edito; e però, con esultante convinzione intima, osava timidamente un conforto, se udivo la maschia voce quasi spegnersi nel pronunziare le piú sublimi sentenze, o vedeva l'ampia fronte corrugarsi, e, dai belli occhi infissi in una visione di martirio, scender le lagrime furtivamente». Ed uscivano all'aperto, nella frescura della notte, sotto le stelle, sotto il mistero dell'arcano, che invita a domandare: ed essi avevano interrogato; e le stelle avevano sorriso ambiguamente, come sempre e non risposto, mai. Ed il cuore si martoriava crudelmente: schietta, lunga, l'ombra di un cipresso segnava, sullo spazio bianco di luna, la sua linea acuta e convincente: guardava la casa del Cardello come a custodire un cimitero.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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