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      Predilesse le mezze colpe e le mezze assoluzioni dei correnti adulterii; le svenevolezze delle eleganze; le morbose castità de' desiderii vergini; rinnovò i casi di Fernanda da Sardou; in sulle ultime pagine appostillò, rombante, la macchina dell'automobile; amò veramente d'amore i cagnuoli bassotti e spesso ne disse la lode con garbo raibertiano: il Meo di carne e di tipografia gliene sarà sempre grato.
      Apparvero maschere aggraziate, qualche volta diluite. Perseguitarono casi e formole, che a noi troppo esigenti, non lasciano campo alla immaginazione integrativa, perché il lettore, oggi, vuol essere suggerito non guidato a mano: le sue creature sono leiliane e mantegazziane; laccate e dipinte in ogni dettaglio, calme di una ironia comune a fior di pelle; sono come sgraziatamente convenga che sia gente ricca e titolata, che ha tanti svaghi a sua disposizione, che si profuma colla moderna cosmetica, cui il moderno lambicco certosino ed il sentimentalismo di bon ton sanno, senza fatica, distillare. Cosí a noi che abbiamo sempre adorato l'inedito, lo straordinario, il caso difficile, che desideriamo l'alacre antagonismo della mente nel comprendere, che sogliamo lottare colle pagine e collo scrittore maligno che si schernisce e si rimpiatta, per scoprirlo tutto, perfetti egoisti epicurei a cui importa la battaglia pericolosa per aggiungere voluttà maggiore alla vittoria, per assaporarne la gioia piú orgogliosa; abbiamo dissentito da lui, abbiamo spesso desiderato ch'egli dicesse meno e con maggior colore.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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