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      E, pensando con questo preconcetto, giudichiamo Mater Dolorosa, Lagrime del prossimo, Baraonda quanto meglio uscí dalla sua penna.
      Egli ha cosí foraggiato, con misura, dalla Gyp a Lavedan se dialogò L'Idolo; e fu tutto veneto-lombardo-parigino anche nella lingua. A me, talvolta, chiese in aiuto sintassi e gramatica, cui i miei critici benigni, oggi, pare mi negano; e fu in questo modo che il suo abbigliamento rimase english-and-french-fashion, senza molto adontarsi. È per questo che io meglio lo stimo: sfrondò l'eccesso descrittivo sinfonico e colorista; non volle, spesso, dare nell'eroico di retorica; non accettò mai la figurazione simbolica; si tenne alla esposizione dramatica di una serie di gesti e di fatti osservati direttamente con buoni occhiali da miopie di un cristallo alquanto roseo. Todos es segun el color del cristal lo que se mira; non è vero?
      Niente dunque impennacchiature e spadoni e mantelli e strascichi e baute; gorgerine di Venezia broccati levantini, tacchi, piume, farsetti di oro liccio, roboni di grosso vermiglio, zibellino dottorale e canonico, lame di Brescia, corsaletti di Milano, venustà della Rinascenza messe di moda, auspice l'Imaginifico, allora ed ora; per il Rovetta rimasero sotto vetro nei musei.
      Con comodità, dalla sua poltrona americana di marocchino verde, dal suo studiolo, che fronteggia le torri del Castello Sforzesco, al di là delle piante di Foro Bonaparte; dal suo laboratorio di seggettario intellettuale, costellato, sulle pareti, di ritratti e di caricature agili e graziose, di disegni e di schizzi a ricordargli volti e paesaggi amici; nella sua pace laboriosa ed insistente, egli non volle a sé una intensa attenzione di lettori difficili, non si preoccupò per il di piú lasciato al grande ingegno ed al genio; volle ricreare colla sequenza delle sue scene ben presentate.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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