Per ciò, se continuo per Guido Gozzano la similitudine col de Musset, ecco, che questi mi si fa prototipo del genere. Indice una frase che Madame Barine ne racconta:
«Si abbigliava il mimmo Alfredo in gala: dopo la bella veste nuova, egli sapeva che dovevano calzargli le scarpettine nuovissime. Tremando d'impazienza, si pose a gridare: «Dé-pé-chez-vous-donc! Mes souliers neufs vont être vieux!». Affrettatevi tutti! La fine del mondo è imminente: non piú fede, non piú speranza, non piú carità; abbiamo li amori colle serve e colle cocottes; le prime ci regalano, le seconde si pagano!
Ed io, che mi ero messo a sorridere a questo piccolo Don Giovanni grazioso, torinese, su cui li abiti si attillano e la grazia d'arte si appostilla con un gioiello, se portato dalli altri, di pessimo gusto!? Io, che aveva gustata la sua lenta e trillante psicologia in versi, che rispondevano delle sue emozioni secrete ed intime; aveva odorato a lungo il suo profumo di verginità sensitiva ed acuta? Io, che mi era un poco inebriato alla sua profonda, ma ingenua lussuria! Tutta una sensualità insisteva nell'arte sua casta e calida; egli aveva avidamente chinate le labra a bevere, a suggere l'amore amaro e dolce, vi si sentiva inebriato per poco, fortificato un istante, quindi depresso, disgustato.
Per ciò mi ero fatto indulgente verso il Cherubino poeta, che si nascondeva nei falpalà delle gonne dell'amica di nonna Speranza per riposarvi. Indulgente, s'egli avrebbe potuto dormicchiare inerte tra i fantasmi del passato o fuggire in traccia di chimere deliziose ed ingannatrici, perché sperava si avrebbe dovuto sempre ritrovare, con in cuore una nuova delicatezza, con nei versi una gentile nuova audacia, sulla bocca un'altra parola inedita e sua.
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