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      La solennità suscitò un numero unico - l'Università Popolare - «cui concorsero i democratici a stuolo, magnificando l'avvenimento, e Gabriele commentava se stesso coll'Ode per colui che deve venire «a schiudere il futuro»; l'avvocato Gasparotto, radicale, perpetuo postulante di una medagliuzza deputativa, si era messo a gridare: «A battezzatore dell'Università Popolare fu chiamato, giorni or sono, Gabriele D'Annunzio, e il poeta rispose: Eccomi pronto, 'come l'invito gli suonasse un dovere'». Bibliche e fatue parole! «Pertanto, la venuta di Gabriele D'Annunzio a Milano, non già allo scopo di leggere un madrigale ad una 'élite' di aristocratici, ma per parlare ad una folla di uguali, nella semplice ampiezza di un teatro popolare, è sintomatica. - Il Poeta nuovo lascia al vate romano l' 'odi profanum vulgus et arceo', sdegna il pubblico delle prime rappresentazioni, etcc.» -. Il gesto di Milano del 1901 è in completa antitesi con quello di Pescara del 1897; ed io sono assai lieto di constatarlo; quanto al buon gusto ed al capriccio delli ascoltatori sono identici: verrà in Paneropoli, poi, nel 1907 a declamare la commemorazione carducciana: ma giubbe foderate di seta e farsetti di fustagno non si diversificano nella mentalità: formando plebe, gusteranno da plebe ed applaudiranno, sia che un berretto roseo o mezzo frigio, od un cappello a tuba à trois reflets cimi l'insegna, o che un recentissimo marchese si inalzi dalla cotonina, o che un ex nobile si rincantucci nella massoneria, ambo allettatori di buon salario alla voce di questa povera italianità. Intanto, lo braccò un'altra volta F. T. Marinetti: questi mandava a dire al suo giornale francese: «Sulla scena del teatro Olimpia, seduto davanti ad un tavolo dal tappeto verde, il poeta lesse assai lentamente il suo poema epico La Notte di Caprera: con voce incolore, scandendo le parole, le accompagnava di un leggero colpo, col pugno sul manoscritto, molto preoccupato dell'intimo splendore della sua lingua italiana, e niente affatto, anzi, trascurando li effetti del movimento pittoresco.


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Scritti critici
di Gian Luigi Lucini
pagine 354

   





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