Il poeta e l'eroe infuriano bambinescamente, strepitano nella Lettera ai Catoncelli stercorarii. Oh, miseria! - Su questa miseria Scipio Sighele dalla «Stampa» di Torino, 25 luglio 1910, bandisce un articolo Gabriele D'Annunzio e la Folla, in cui si rallegra: «Riconoscere che nella moltitudine è questo inconscio potere; confessare che essa è necessaria al genio, come la terra al seme, come la donna all'uomo, per creare; rispettarla come la collaboratrice anonima e oscura di ogni cosa grande e bella che sia apparsa nel mondo - ecco ciò che Gabriele D'Annunzio afferma nella sua lucida prosa meravigliosa». Di fatti, avete veduto: cessi la gente di comperare i suoi libri, di pagare le entrate pel suo teatro, e costui l'insulterà di nuovo come un becero... Ma... Scipio Sighele è uno psicologo della folla al suo modo... d'annunziano, tanto che inventò, in quest'ultimo tempo, coi Corradini, i De Frenzi, i Castellini, i De Maria, i Gray, quell'ineffabile ed inesprimibile Nazionalismo. Al punto, il Sighele, cercandogli di dare contenuto ed espressione democratica, ha dovuto togliersi dalla compagnia: «perché a me pare che questa Associazione Nazionalista si orienti verso una tendenza conservatrice reazionaria». - Il Nazionalismo giudicato etc., Genova Libreria editrice moderna 1913. - p. 223. Donde è lecito domandare a questo irredento-semita, ammalato di popolarismo: «Se vi siete sbagliato in un assunto in cui foste magna pars, non sareste per caso in errore su ciò che ci andaste dicendo di Gabriele D'Annunzio?
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