Qualor deposto il freddo ispido mantoL'anno ringiovenisce e lieto in vista
Zeffiro torna, e 'l bel tempo rimena,
Tu Dio, tu sei, che sugli Alpini montiSciogli in tiepido umor le nevi, e 'l ghiaccio
Che quindi scorre a dar tributo a' fiumi:
Tu di borea il furor, tu del crudeleAustro gli sdegni, e tu di noto, e d'euro
Gl'insani impeti orrendi affreni, e molci,
E i turbini sonori, e le procelleScacci, e dai bando alle bufere, a i nembi,
E tu col ciglio le tempeste acqueti:
Tu di frondi novelle, e di virgultiLe selve adorni: e le campagne e i prati,
E le rive, e le piagge, e i colli ameniFai d'erbette e di fior lieti e ridenti.
Dal tiro divino ardor commosso l'uomoDesia la donna, e in dolce nodo eterno
Di fede marital con lei si lega.
Squassa l'altera fronte, e guerra indicePer la grassa giovenca al suo rivale
L'innamorato tauro; il gelo istessoD'acque infinite ad ammorzar bastante
Non è l'interna fiamma, onde il delfinoSovente, e l'orca in mezzo al mare avvampa.
Sua versione di Lucrezio.
Lucrezio era un autore in odio alla Chiesa; tanto più è da tener conto di un letterato che in Roma, nell'accademia degli Incitati, ne parlò spassionatamente. Girolamo Frachetta da Rovigo morto in Napoli nel 1620, essendo provigionato dal re di Spagtra, scrisse, e stampò nel 1581, non compito il 21 anno, un Dialogo del Furore poetico, ov'egli entra a ragionare con tre giovani, tutti allora studenti nell'Università di Padova. Nel 1589 pubblicò in Venezia presso i Gioliti la sposizione della tanto vessata Canzone d'amore di Guido Cavalcanti.
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