E quindi nascer d'ogni cosa il tuttoNon puņ, perchč fra loro alcune certe
Cose han l'interna facoltą distinta.
In oltre: ond'č che primavera adornaSempre č d'erbe e di fior? che di mature
Biade all'estiv'arsura ondeggia il campo?
E che sol, quando Febo occupa i segniO di libra o di scorpio, allor la vite
Suda il dolce liquor che inebria i sensi?
Se non perchč a' lor tempi alcuni certiSemi in un concorrendo atti a produrre
Son ciņ che nasce, allor che le stagioniOpportune il richieggono, e la terra
Di vigor genital piena e di succoPuote all'aure innalzar sicuramente
Le molli erbette e l'altre cose tenere?
Che, se pur generate esser dal nullaPotessero, apparir dovrian repente
In contrarie stagioni e spazio incerto:
Non vi essendo alcun seme che impeditoDall'unļon feconda esser potesse
O per ghiaccio o per sol ne' tempi avversi.
Nč, per crescer, le cose avrian mestiereDi spazio alcuno in cui si unisca il seme,
S'elle fosser del nulla atte a nutrirsi:
Ma nati appena i pargoletti infantiDiverrebbero adulti, e in un momento
Si vedrebber le piante inverso il cieloErger da terra le robuste braccia:
Il che mai non succede; anzi ogni cosaCresce, come conviensi, a poco a poco,
E crescendo conserva e rende eternaLa propria specie. Or tu confessa adunque
Che della sua materia e del suo semeNasce, si nutre e divien grande il tutto.
S'arroge a ciņ, che non darķa la terraIl dovuto alimento ai lieti parti,
Se non cadesse a fecondarle il senoDal ciel l'umida pioggia, e senza cibo
Propagar non potrebber gli animaliLa propria specie e conservar la vita.
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Febo
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