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      Ma ne porta sul dorso i boschi interi;
      Nè pôn soffrir i ben fondati pontiLa repentina forza; il fiume abbatte
      Ogni eccelso edifizio e sotto l'acqueGran sassi avvolge, onde ruina a terra
      Ciò ch'al rapido corso ardisce opporsi.
      Così dunque del vento il soffio irato,
      Se qual torrente infurïato scorreVerso qualunque parte, innanzi caccia
      Ciò ch'egli incontra e lo diveglie e schianta;
      Or con vortice torto alto il rapisce,
      E con rapido turbo il ruota e porta.
      È dunque il vento un invisibil corpo,
      Se nell'opre e nel moto i fiumi imitaChe son composti di visibil corpo.
      Giùngonne anco alle nari odor diversi,
      Che tra via nondimen l'occhio non vede:
      Il caldo il gelo il canto il suon le vociNon pôn mirarsi, e pur son corpo anch'elleno
      Poichè svegliano il senso e lo commuovono:
      E null'altro che il corpo è tocco o tocca.
      Le vesti al fin nel marin lido appeseUmide fansi, e le medesme poi
      Tornan asciutte a' rai del sole esposte:
      Ma nè come l'umore ivi si fermi,
      Nè com'ei fugga dal calor cacciatoAlcun non vede. Egli si sparge adunque
      In tante e tante parti e sì minute,
      Ch'a poterle mirare occhio non basta.
      Anzi: portate per molt'anni in ditoS'assottiglian l'anella; a goccia a goccia
      L'acqua d'alto cadendo i sassi incava;
      L'adunco ferro del ritorto aratroRompendo i campi occultamente scema;
      Consuman per le strade i piè del volgoLe durissime lastre; e, per lo spesso
      Toccar di chi saluta e di chi passa,
      Le figure di bronzo entro alle porteDe' templi sculte la lor forma pèrdono.
      E ben tai cose sminuir veggiamo;
      Ma di veder ciò che ne caschi ogn'ora


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330