L'una dall'altra si solleva, è d'uopoChe vôto resti l'interposto spazio:
Poichè, quantunque d'ogn'intorno accorraL'aere per occuparlo, in un sol punto
Ciò far non può, ma che riempia è forzaI luoghi più vicini e poscia gli altri.
E, se per avventura alcun pensasseChe si distinguan l'un dall'altro i corpi
Perchè l'aere frapposto si condensi,
Erra; chè il vôto il qual non era innanziFassi per certo e si riempie dopo
Benchè velocemente, in qualche tempo;
Nè l'aere in guisa tal può condensarsi,
Nè, quand'anco potesse, ei non potrebbeSè stesso in sè raccôrre e in un ridurre
Senz'alcun vôto le disperse parti.
Dunque indugia, se vuoi; forz'è ch'al fineEsser confessi tra le cose il vôto.
Posso oltre a ciò molte ragioni addurtiNulla men concludenti, onde tu presti
Alle parole mie fede maggiore:
Ma tanto basti al tuo sottile ingegno,
Per ben capir sicuramente il resto.
Chè, se scopron sovente i bracchi al fiutoLe lepri i cervi e l'altre fere in caccia
Pe' covili appiattate e pe' cespugliTosto c'han di lor via vestigio certo,
Potrai ben tu per te medesmo intendereL'una cosa dall'altra e penetrare
Per tutti i ripostigli e trarne il vero.
Ma, se tu pigro fossi o ti scostassiDal vero alquanto, io ti prometto e giuro
Che può la lingua in così larga venaDal ricco petto mio spargerti, o Memmo,
Più che mèl dolce d'eloquenza un fiume;
Ch'io temo pria non la vecchiezza infermaPer le membra serpendo il chiostro n'apra
Di nostra vita e ne disciolga i lacci,
Che mai tu possa d'ogni cosa a pienoDa' versi nostri ogni argomento udire.
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Memmo
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