Ma tempo è già di proseguir l'impresa.
Tutte le cose per sè stesse adunqueConsiston solamente in due nature;
Cio è nel corpo e nello spazio vôtoOv'elle han vari i movimenti e i siti.
Ch'esser corpi nel mondo il comun sensoPer sè ne mostra; a cui se fede nieghi,
Non fia già mai che dell'occulte cosePossa nulla provar con la ragione.
E, se non fosse alcuno spazio o luogoChe sovente da noi vôto si chiama,
Non avrìan sito mai nè luogo i corpi,
Come già poco innanzi io t'ho dimostro.
Nulla oltr'a ciò può ritrovarsi mai,
Che tu dir possa esser diviso affattoE dal corpo e dal vôto, onde si dia
Una quasi fra lor terza natura.
Ch'è pur qual cosa ciò ch'al mondo trovasi,
Sia di picciola mole o sia di grande;
Poichè, s'egli esser tocco o toccar puote,
Benchè lieve e minuto, è corpo al certo;
Se no, vôto si chiama o spazio o luogo.
In oltre: ciò che per sè stesso fia,
O farà qualche cosa o sarà fatto,
O fia là dove i corpi han luogo e nascono:
Ma non può far nè farsi altro che 'l corpo,
Nè dar luogo alle cose altro che 'l vôto:
Dunque oltre al vôto e 'l corpo in van si cercaUna quasi fra lor terza natura
Che per sè cresca delle cose il novero,
Essendo il tutto o d'ambedue congiuntoO loro evento, ch'accidente io chiamo.
Tu stima poi, che sia congiunto quelloChe non può senza morte esser disgiunto;
Com'il peso alle pietre, il caldo al foco,
Ai corpi il tatto, il non toccarsi al vôto.
Servitude all'incontro e libertade,
Ricchezza e povertà, concordia e guerra,
E tutto ciò che, venga o resti o parta,
Lascia salve le cose, io soglio poi
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