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      E distinguon dal pieno il vôto spazio.
      Questi mai non offende esterna forza:
      Per dissipare ogni percossa è vanaLa loro indissipabile sostanza:
      Poichè nulla che sia di vôto privoNon par che possa esser urtato in modo
      Ch'e' si spezzi in due parti e si divida,
      Nè dar luogo all'umore al freddo al caldoOnd'ogni cosa vien ridotta al fine;
      Ma, quanto più di vôto in se racchiude,
      Tanto più penetrato agevolmenteDagli esterni nemici è poi distrutto.
      Dunque, se i primi corpi impenetrabiliSono e senz'alcun vôto è forza al certo,
      Com'io già t'insegnai, ch'e' sieno eterni.
      S'eterna in oltre la materia primaStata non fosse, al nulla omai ridotto
      E dal nulla rinato il tutto fôra:
      Ma, perchè chiaro io t'ho già mostro avantiChe nulla mai si può crear dal nulla
      Nè mai cosa creata annichilarsi,
      Forza è pur confessar che i primi semiSian di corpo immortale, in cui si possa
      Dissolver finalmente ogni altro corpo,
      Acciò che sempre la materia in prontoSia per rifar le già disfatte cose.
      Per lor simplicità dunque i principiiSon pieni impenetrabili ed eterni:
      Nè ponno in altra guisa esser rifatteLe cose mai per infinito tempo.
      Al fin: se la natura alcun prescrittoTermine non avesse allo spezzarsi,
      Sariano a tal della materia i corpiRidotti omai nella trascorsa etade,
      Che non avrebbe mai nessun compostoDa molto tempo in qua passar potuto
      Della sua verde età l'ultimo fiore;
      Poichè, per quanto è manifesto al senso,
      Muor più presto ogni cosa e si dissolveChe dopo non rinasce e si restaura:
      Onde, ancor tuttavia spezzando il tempoCiò che già mille volte avesse infranto


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330